Fausto Colombo è stata una figura centrale per la mia generazione di ricercatrici e ricercatori, una vera e propria “sliding door” che ha aperto nuove prospettive su come studiare la comunicazione e i media in Italia. Con il suo lavoro ha mostrato come questo campo potesse andare oltre le sue fondamenta, spingendosi verso approcci più maturi, complessi e capaci di abbracciare la pluralità dei fenomeni sociali.

La sua capacità unica di intrecciare sensibilità teorica e metodologica ha dato vita a un approccio intellettuale che non solo interpretava il mondo dei media, ma lo restituiva nella sua complessità. Fausto ha saputo combinare analisi storiografica, esplorazione etnografica dei pubblici e uno studio profondo dei prodotti mediali, tenendo sempre al centro una visione critica e consapevole del ruolo che la comunicazione deve avere nella società.

E per questo ci ha insegnato anche che il lavoro intellettuale non può mai essere separato dall’impegno civico. Lo mostrano, ad esempio, le sue riflessioni e prese di posizione sulla necessità di una “comunicazione gentile” che controbilanciasse i rischi di tossicità comunicativa dilagante, l’invito a riscoprire il valore della compassione nella società dell’immagine o la parresia (l’arte di dire il vero) come “cura” per le democrazie contemporanee.
Ma non sono che semi recenti che ci ha lasciato affinché germoglino in filoni di studio e analisi da discutere in futuri seminari e convegni, ancora una volta attorno alle sue parole.

Giovanni Boccia Artieri

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